lunedì 3 dicembre 2012

Il versante contro il consumo di carne






Fonti
Le fonti che sono state fondamentali per l’espressione della posizione “contro” il consumo di carne sono: www.scienzavegetariana.it  sito di SSNV (Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana) un’associazione non-profit fondata nel 2000 formata da professionisti, studiosi e ricercatori in diversi settori (Nutrizione, Medicina e settori connessi, Ecologia della nutrizione ed impatto ambientale, Giurisprudenza) dichiaratamente favorevoli alla dieta vegetariana ed alla sua diffusione naturalmente con l’obbiettività di chi è medico e la fondatezza di ricerche comprovate. Ampie parti di questa sezione sono ispirate e spesso tratte da questo sito vista la completezza ed i vari studi riportati che interessano l’argomento, abbiamo inoltre intervistato il presidente di questa associazione, la dottoressa Luciana Baroni. Un’altra importante fonte è lo studio “The China Study” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell II definito da varie recensioni come uno dei più importanti ed imponenti studi sulla nutrizione condotti finora (durato ben 27 anni). Un’altra importante fonte sono  stati gli studi sull’argomento fra cui l’Oxford VegetarianStudy ed uno apparso sul JAMA (The Journal of the American MedicalAssociation) il primo per quanto riguarda l’aspetto nutrizionale, il secondo per quanto riguarda la correlazione fra carne e cancro al colon. Quindi questi sono i punti di riferimento di questa controversia per quanto riguarda la “fazione” contro il consumo di carne.
Essi ritengono che vi siano varie credenze totalmente infondate riguardo il valore nutrizionale della carne fra cui spicca quella che vede le proteine animali indispensabili o migliori rispetto a quelle di origine vegetale. Vari studi hanno contribuito nel dimostrare come le diete vegetariane e vegane siano perfettamente in grado di coprire il fabbisogno proteico di qualunque persona a condizione che gli alimenti vegetali vengano consumati nella corretta variabilità in modo da soddisfare il fabbisogno energetico. Infatti, nonostante le proteine animali siano definite “nobili” in quanto contengono tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni, mantenendo una dieta vegetariana o vegana correttamente bilanciata (www.vegpyramid.it) è tranquillamente possibile raggiungere il corretto quantitativo di questi ( tramite principalmente cereali e legumi). Inoltre il vantaggio di ricavare le proteine dai cibi vegetali  consiste nel soddisfare i propri bisogni alimentari evitando di introdurre colesterolo e grassi saturi, notoriamente deleteri per la salute ed inevitabilmente presenti in tutti i cibi animali. Inoltre le proteine vegetali risultano, grazie all’alto livello di glucagone, attive nella riduzione del livello di insulina che rappresenta un fattore di rischio per l’obesità. Nella ricerca The China Study vi è un facile riscontro empirico riguardo gli effetti nutrizionali del quasi nullo consumo di carne, lo studio è riferito infatti alla popolazione cinese, in particolare quella rurale, caratterizzata da un’alimentazione largamente basata su cibi di origine vegetale. Questo si ripercuote sulla nutrizione, infatti in Cina l’apporto calorico è molto più alto, a fronte di meno grassi, meno proteine, di una quantità maggiore di fibre e di ferro. Queste differenze dietetiche si ripercuotono poi sui livelli di colesterolo, di antiossidanti e sulla varietà di malattie.
Per quanto riguarda l’assunzione del ferro, altra base sulla quale comunemente si fonda il valore nutrizionale attribuito alla carne, essa è facilmente attuabile tramite legumi, cereali, cavoli, broccoli e frutta secca. Queste fonti forniscono grandi quantità di ferro in forma non-eme che però è maggiormente sensibile ai vari fattori che potrebbero influenzarne l’assorbimento rispetto al ferro in forma eme, in caso di riduzione dei livelli ematici di ferro comunque l’organismo è in grado di modificare il grado di assunzione di ferro non-eme in modo da evitare carenze. Allo stesso modo è possibile assumere la necessaria quantità di zinco tramite legumi, semi zucca, muesli e cereali integrali, e di calcio tramite cavolfiore, fagioli ecc… Questa sostituibilità vale anche per lo iodio, per i grassi Omega 3( tramite ad esempio le noci) e per tutte le vitamine, compresa la B 12 (latte di soia).
Oxford Vegetarian Study
E’ quindi ormai evidente come la carne sia sostituibile nella nostra dieta e come un’alimentazione basata su alimenti di origine vegetale e frugivora possa fornire tutto il nostro fabbisogno energetico giornaliero.A questo punto è d’obbligo presentare il secondo argomento già preannunciato che si svolge attorno la seguente domanda: La carne è nociva all’essere umano? Ebbene si, recenti studi sembrano dimostrare un  collegamento diretto fra consumo di carne e l’insorgere di malattie quali il cancro al colon-retto ed a sintomi quali coronaropatia, diabete, ipertensione ed in generale a problemi cardiovascolari e dismetabolici. Uno degli studi di maggiore importanza riguardo la relazione fra tipo di dieta e patologie conseguenti è l’Oxford VegetarianStudy. L'Oxford Vegetarian Study è uno studio a lungo termine e su scala nazionale concernente lo stato di salute di 6000 persone che non consumano carne (soprattutto vegetariani ma anche qualche consumatore di pesce) e di 5000 persone che ne consumano, usate come gruppo di controllo.Ecco qui alcuni rapporti (riportati da www.scienzavegetariana.it) che questo studio è riuscito a dimostrare:

Dieta e livelli di colesterolo
I livelli di colesterolo totale, LDL e HDL furono confrontati in ognuno dei quattro gruppi (vegani, vegetariani, consumatori di pesce e consumatori di carne) in uno studio pubblicato nel 1987. I livelli di colesterolo totale (CT) e di colesterolo-LDL (LDL-CT) risultarono entrambi significativamente inferiori nei vegani rispetto ai consumatori di carne, mentre i vegetariani e i consumatori di pesce avevano valori intermedi e tra loro simili. I livelli di colesterolo HDL (HDL-CT) erano simili in tutti i quattro gruppi. Le differenze suggerivano che l'incidenza di coronaropatia (arteriosclerosi coronarica, NdT) può essere inferiore del 24% nei vegetariani e inferiore del 57% nei vegani rispetto ai consumatori di carne. Una successiva analisi delle diete di un campione di 208 partecipanti (52 per ogni gruppo dietetico) ha mostrato che è importante il tipo più che la quantità di grassi nel determinare i livelli di colesterolo e che gli individui attenti alla propria salute selezionano attentamente i grassi nella loro alimentazione piuttosto che scegliere semplicemente una dieta ipolipidica.
Consumo di carne e appendicectomie d’urgenza
La frequenza di appendicectomie d'urgenza (appendicite acuta) fu comparata sulla base della storia di consumo di carne dei partecipanti, in uno studio apparso sulla rivista Journal of Epidemiology and Community Health. I partecipanti furono raggruppati a seconda che avessero sempre mangiato carne, mai mangiato carne o smesso di mangiarne. La percentuale di persone che riferivano di aver subito una appendicectomia d'urgenza era più alta tra i consumatori di carne (10.7%) rispetto a chi non ne ha mai consumata (7.8%) e a chi ha smesso di mangiarne (8.0%). Inoltre nel primo gruppo le operazioni furono eseguite ad un'età inferiore nel primo gruppo (età media all'intervento rispettivamente di 18.9, 26.0 e 19.6 anni). Il rapporto complessivo di appendicectomie d'urgenza adattato per età tra i partecipanti che non mangiavano carne rispetto ai carnivori era di 0.47, dato che suggerisce che il rischio dei vegetariani di doversi sottoporre a questa operazione è di circa il 50% inferiore rispetto ai non vegetariani.
Incidenza di dieta, stile di vita e caratteristiche fisiche sulla concentrazione di colesterolo
L'effetto dei fattori dietetici, fisici e dello stile di vita sui livelli di colesterolo totale e di colesterolo-HDL nei partecipanti, fu indagato in uno studio pubblicato nel Journal of Human Nutrition and Dietetics. Livelli elevati di colesterolo totale sono associati con un aumentato rischio di cardiopatie ischemica, mentre livelli elevati di colesterolo-HDL avrebbero, al contrario, un effetto protettivo. Dopo aver adattato i dati tenendo conto dell'età, si è notato che vi era una graduale diminuzione dei livelli di colesterolo totale dai consumatori di carne ai vegani, sia per i maschi che per le femmine, mentre i vegetariani avevano valori intermedi. Al contrario i livelli di colesterolo-HDL sono risultati simili in tutti i gruppi, sia per i maschi che per le femmine. Quando furono esaminati gli effetti di specifici fattori dietetici o dello stile di vita, si scoprì che il consumo di carne e latticini aumenta il colesterolo totale, mentre un alto consumo di fibre era associato con una riduzione dei livelli di colesterolo totale in entrambo i sessi. In accordo con altri studi, l'indice di massa corporea (BMI, una misura dell'obesità) e il consumo di alcool erano associati rispettivamente con una diminuzione e un aumento dei livelli di colesterolo-HDL in entrambo i sessi. Questi risultati contribuiscono a dimostrare l'effetto sulla riduzione dei livelli ematici di colesterolo da parte di una dieta vegetariana con un alto contenuto di fibre e un uso limitato di formaggio. Escludere la carne dalla dieta potrebbe comportare una riduzione del 15-25% del rischio delle patologie coronariche, con un ulteriore effetto benefico della stessa entità, se anche il formaggio viene eliminato dalla dieta.
Dieta e cardiopatia ischemica
La cardiopatia ischemica è la più comune causa di morte in Gran Bretagna e in molti altri paesi sviluppati. Una precedente analisi dei dati dello studio ha mostrato che chi non mangia carne ha un rischio inferiore del 28% di morire per cardiopatia ischemica prima degli 80 anni rispetto ai consumatori di carne, dopo aggiustamento dei dati per fumo, indice di massa corporea e classe sociale. Tuttavia rimaneva ancora da chiarire quale fattore dietetico potesse spiegare questa differenza. Pertanto in una recente analisi sono stati esaminati gli effetti di vari fattori dietetici sulla mortalità per IHD. I partecipanti sono stati raggruppati non solo secondo la dieta (carnivori, semi-vegetariani. Vegetariani/vegani) ma anche secondo il consumo di vari cibi e alcool, sulla base delle risposte ad un questionario. I partecipanti sono stati divisi anche in tre gruppi a seconda del consumo stimato di grassi totali, grassi saturi, e colesterolo derivato da animali di terra e in tre gruppi sulla base del consumo di fibre calcolato a partire dal consumo riportato di cibi ricchi di fibre. L'analisi principale è stata ristretta ai partecipanti che non avevano patologie cardiovascolari o diabete al momento del reclutamento. Di essi 392 sono morti prima degli 80 anni di età di cui 64 per IHD. Dopo aggiustamento per fumo, sesso, età e classe sociale, i vegetariani e i vegani avevano un rischio di morire di IHD inferiore del 17% rispetto ai consumatori di carne (cioè i partecipanti che mangiavano carne almeno una volta alla settimana) sebbene il risultato non fosse statisticamente significativo. Il risultato più impressionante ottenuto dall'analisi dei dati è la correlazione positiva, altamente significativa, tra il consumo di grassi animali e la mortalità per IHD, essendo essa circa tre volte maggiore tra i partecipanti appartenenti al gruppo caratterizzato dal maggior consumo di grassi animali totali, grassi animali saturi e colesterolo della dieta rispetto al gruppo con minore consumo. Anche il consumo di uova e formaggio è risultato positivamente associato con la mortalità per IHD, ma non è stato notato nessun effetto protettivo per le fibre, il pesce e l'alcool, come si sarebbe potuto prevedere dai risultati di altri studi.


Un altro studio in cui sono emerse relazioni fra consumo di carne e malattie è il già citato “The China Study” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell. I due studiosi procedono dividendo le malattie presenti in Cina in “malattie dell’abbondanza” e “malattie della povertà” seguendo appunto una divisione basata sul reddito vista la totale differenza di dieta che questo comporta. La dieta cinese era, come già detto, largamente basata su alimenti vegetali, i ricercatori hanno però notato che più le persone erano abbienti, più consumavano cibi di origine animale, spesso inoltre, soprattutto vicino alle grandi città, questo tipo di alimentazione diventava un vero e proprio “status symbol”. La suddivisione delle malattie si compone quindi così:
Gruppi di Malattie
Malattie dell’Abbondanza
•             Malattia coronarica, Ictus, Ipertensione
•             Cancro della mammella, del colon, della prostata, del polmone, del sangue, del cervello (bambini)
•             Diabete
•             Osteoporosi

Malattie della Povertà
•             Polmonite, Tubercolosi polmonare
•             Malattie digestive, Ostruzioni intestinali, Ulcera peptica
•             Cancro dello stomaco e del fegato
•             Malattie infettive
•             Malattie da parassiti
•             Nefrite
•             Eclampsia, Malattie della gravidanza     
•             Reumatismo cardiaco
Come si può notare le malattie dell’abbondanza sono molto presenti anche nelle società occidentali ed il dottor Campbell quindi afferma che “È difficile enfatizzare a sufficienza l’importanza delle pratiche dietetiche e nutrizionali come causa principale delle malattie degli Americani, le contee Cinesi con uno stile di vita più ricco hanno mostrato un chiaro passaggio dalle malattie della povertà alle malattie dell’abbondanza. Ma le malattie dell’abbondanza non sono inevitabili. Una Società che si può permettere igiene, refrigerazione e cibo in abbondanza, può sconfiggere pure le malattie dell’abbondanza semplificando la propria alimentazione e mangiando più cibi come colti.”
Anche in questo studio sono presenti i legami fra consumo di carne e problemi riguardanti la concentrazione di colesterolo  “La differenza nei livelli di colesterolo nel sangue riflette in larga misura il consumo marcatamente diverso di carne rossa e bianca, uova e latticini. Questi sono i marcatori per l’introito di colesterolo, proteine animali e grassi saturi, emerge sempre più chiaramente che alti valori di colesterolo nel sangue sono il più importante fattore predittivo di malattia cardiaca, cancro e diabete”. Sono  inoltre presentati altri effetti che la dieta dell’abbondanza può provocare, ad esempio per quanto riguarda vari tipi di cancro fra cui il cancro alla mammella, cancro al colon ed alla prostata.
Per quanto riguarda il cancro alla mammella gli studiosi hanno rilevato che le morti per questa causa erano spesso associate a: elevate assunzioni di grassi con la dieta e alti livelli di colesterolo nel sangue, estrogeni ed elevati livelli di testosterone nel sangue, menarca precoce e menopausa tardiva. Per quanto riguarda il primo elemento esso è, come già spiegato in precedenza, collegato alla dieta, ma gli estrogeni? Questo studio ha trovato che l’aggiunta di quantità anche piccole di latte, carne e grassi alla dieta Cinese tradizionale basata su cibi vegetali, può far aumentare i livelli di estrogeni e altri ormoni sessuali. I ricercatori hanno pure trovato che le donne Cinesi di età compresa tra i 35 e i 60 anni di età avevano livelli di estrogeni nel sangue molto più bassi delle donne Britanniche della stessa età. Inoltre, le donne Cinesi avevano livelli molto più elevati di una proteina “buona” che si lega agli estrogeni nel sangue, rendendoli così molto meno attivi nello stimolare il cancro della mammella. Hanno inoltre trovato che le donne che mangiavano più grassi e prodotti animali avevano non solo livelli di testosterone più elevati, ma anche più alti tassi di cancro della mammella. Lo stesso si può dire dell’epoca del menarca e della menopausa infatti i ricercatori hanno trovato che il ciclo mestruale delle donne Cinesi comincia di norma a 17 anni e termina intorno ai 44. In America, invece, il ciclo mestruale comincia di norma sotto i 12 anni e termina intorno ai 48. Questo significa che le donne Cinesi hanno circa 8-10 anni in meno, rispetto alle donne Americane, di ondate ormonali associate a un maggior rischio di cancro della mammella.
La correlazione fra livello di ormoni e cancro si può riscontrare anche per quanto concerne il cancro alla prostata. Infatti la produzione di testosterone viene accelerata da un’alimentazione ricca di proteine animali, mentre un’alimentazione povera di proteine animali e di grassi, e contestualmente ricca di fibre, ne rallenta la produzione e ne accelera l’eliminazione. Inoltre i cibi vegetali, oltre a contenere certi antiossidanti e vitamine, contengono gli estrogeni delle piante, che aiutano a normalizzare il rapporto testosterone/estrogeni. È stato verificato che gli uomini la cui dieta è ricca di cibi contenenti fitoestrogeni (come fagioli di soia e piselli) sono meno a rischio di sviluppare il cancro della prostata.
In generale “The China Study” ha mostrato la relazione fra consumo di carne e cancro passando per le proteine animali infatti i villaggi con diete ricche di carne esibivano tassi di incidenza di cancro molto più elevati rispetto ai villaggi con diete povere di carne. Inoltre la carcinogenesi è apparentemente attivata da un’alimentazione ricca di proteine animali (e grassi) e disattivata da un’alimentazione ricca di proteine vegetali (e povera di grassi). Questo vale persino se il cancro è già insorto. I dati del Progetto Cina evidenziano come la dieta della maggior parte delle persone che vivono in zone rurali contiene solo 4 grammi di proteine animali, mentre l’alimentazione Occidentale ne contiene 71 grammi.


Per quanto riguarda il cancro al colon è meglio citare il più completo studio apparso su JAMA (Journal of the American MedicalAssociation) e compiuto da AnnChao, PhD; Michael J. Thun, MD, MS; Cari J. Connell, MPH; Marjorie L. McCullough, ScD; Eric J. Jacobs, PhD; W. Dana Flanders, MD, ScD; Carmen Rodriguez, MD, MPH; RashmiSinha, PhD  ed Eugenia E. Calle, PhD. Questo studio è complesso ed articolato ed aveva come obiettivo l’esaminare la relazione fra consumo di carne a breve e lungo termine ed il rischio di contrarre cancro al colon ed al retto. Il campione era composto da 148600 adulti fra i 50 ed i 74 anni residenti in 21 diversi Stati americani i quali potevano fornire dei registri sulla popolazione affetta da cancro fra il 1982 ed il 1993. La ricerca ha dimostrato infine l’esistenza di una relazione diretta fra consumo a lungo termine di carni rosse e processate e cancro al colon-retto. Come già detto la ricerca è complessa ed interessante e per questo è consigliabile leggerla ed analizzarla anche per conto proprio. (Ecco qui il link http://jama.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=200150#Abstract ).

Intervista

Ecco infine l’intervista con la dottoressa Luciana Baroni, presidente di SSNV, specialista in  Neurologia, Geriatria e Gerontologia, con master internazionale in Nutrizione e Dietetica ed esperta in alimentazione a base vegetale.

D- Cosa pensa della relazione fra evoluzione e nutrizione e come risponderebbe a chi propone elementi evolutivi a sostegno dell’onnivorismo dell’uomo?
R- La sopravvivenza di una specie è legata alla capacità di adattarsi all'ambiente in cui vive, in modo da poterne utilizzare al meglio le risorse. Il fatto che l'evoluzione umana abbia attraversato un breve periodo di onnivorismo ha pesantemente compromesso le risorse ambientali mettendo la nostra specie a rischio di estinzione. Solo l'ulteriore evoluzione verso il vegetarismo permetterà alla specie umana di sopravvivere nel proprio ambiente.

D- Come sappiamo Lei cita spesso studi epidemiologici che dimostrano come i vegetariani godano di una salute migliore rispetto agli onnivori. Conoscendo come sono metodologicamente strutturati questi studi, come risponderebbe a chi sostiene che il fatto che i vegetariani godano di una salute migliore sia un effetto unicamente legato al loro stile di vita( più sobrio e limitato negli eccessi) e non a dinamiche legate al regime alimentare e nutrizionale che conducono?
R- Chi pone queste obiezioni non ha la più pallida idea di cosa sia uno studio scientifico: non è una raccolta casuale di dati o di aneddoti, ma risponde a un disegno ben preciso, che si prefigge di analizzare alcune correlazioni tra variabili in causa, ma che deve altresì annullare l'effetto dei fattori confondenti. Pertanto gli studi più rigorosi, che sono molti, sui rapporti tra alimentazione e salute, prevedono l'aggiustamento, cioè l'eliminazione dell'effetto sui risultati stessi di variabili diverse di quelli di cui si vuole indagare la relazione. Nelle fattispecie, i risultati vengono ottenuti eliminando  l'influenza dei fattori confondenti che vengono altresì analizzati ed elaborati statisticamente.

D- Cosa pensa del livello d’informazione a cui i cittadini italiani possono attingere riguardo ai rischi inerenti il consumo della carne ed alla dieta vegetariana e vegana?
R- Il consumo di carne e la dieta vegetariana godono di una visibilità molto bassa, in quanto sono contro la logica del profitto che ormai governa e condiziona ogni nostra scelta. Solo chi dispone di mezzi di informazione più raffinati di quel che può essere una TV o una radio ha accesso a fonti di informazione su questi argomenti. E scopre un oceano di informazioni nascoste, incredibili ma vere.

D- Qual è la Sua opinione riguardo lo studio del JAMA (The Journal of the American MedicalAssociation) sui rischi del consumo di carne e le possibilità di contrazione del cancro al colon-retto? Ritiene che molte persone deciderebbero di modificare la propria dieta se fossero a conoscenza dei rischi riguardanti il consumo di carne e di pesce?
R- E' appena uscito sul Journal of CancerEpidemiology (per ora solo on-line) un paper del gruppo del prof. Fraser sull'incidenza di cancro nei vegetariani (69.120 soggetti), da cui risulta che la dieta vegan è protettiva nei confronti di tutti i tipi di cancro e nei confronti dei tumori femminili, mentre la dieta latto-ovo risulta maggiormente protettiva nei confronti dei tumori de tratto gastrointestinale.
Tuttavia non credo che la paura del cancro, e la paura delle malattie in generale, possa spostare grossi numeri verso la scelta di un'alimentazione vegetariana, ma forse mi sbaglio. Credo che la scelta sia prevalentemente una scelta nobile, compiuta quindi per motivi altruistici (ambiente-animali-fame nel mondo). Gli effetti sulla salute sono comunque un gradito by-product di queste motivazioni.

D- In generale non ritiene che in un periodo storico come il nostro, salutista e cancro-fobico, la divulgazione vegetariana dovrebbe essere incentrata maggiormente su questo tipo di sensibilizzazione (nutrizionale e preventiva)  rinunciando, almeno parzialmente, all’ormai classico riferimento alla senzietà ed alla sofferenza degli animali?
R- Molte persone che seguono motivazioni salutistiche compiono spesso scelte estreme e scarsamente condivisibili, che portano verso una dieta troppo restrittiva e quindi squilibrata. La fobia di purificare il corpo, di eliminare tossine eccetera porta a compiere delle scelte alimentari a volte disastrose. Quindi io credo che questo tipo di tendenza non faccia bene al vegetarismo, perché genererà individui che, alla ricerca estrema della salute, svilupperanno problemi di salute che rappresenteranno un pessimo esempio di dieta vegetariana squilibrata. Si può essere invece vegetariani seguendo un'alimentazione che è in grado di di fornire tutti i nutrienti necessari, cioè adeguata oltre che salutare. (vedi es. www.vegpyramid.info). Credo invece che supportare con informazioni e consigli a tutela della salute chi decide di divenire vegetariano per motivi non salutistici sia il minimo dei doveri per un professionista della salute.

D- Spesso le persone consultano il proprio medico di famiglia riguardo la propria nutrizione oppure un pediatra per quanto riguarda quella dei figli, ritiene che la preparazione di queste due tipologie di medici sia adeguata per fornire suggerimenti riguardo questo argomento? Inoltre cosa pensa della preparazione dei medici nutrizionisti o dei dietologi che le persone potrebbero incontrare personalmente o tramite mezzi di altro tipo (televisione, riviste ecc..)?
R- Non c'è una sufficiente preparazione, purtroppo, in queste figure professionali. La preparazione è affidata esclusivamente alla buona volontà e all'interesse "intellettuale-professionale" del singolo professionista. C'è ancora molto da fare in questo campo, e come Società Scientifica di Nutrizione Vegetarianaabbiamo un'attenzione e un impegno particolari verso queste problematiche.

D- Secondo la Sua esperienza la mancanza di informazione riguardo il rapporto carne-cancro è l’unica motivazione per cui le persone non cambiano la propria dieta? O vi è una riluttanza di fondo ad accettare l’idea di avere una dieta vegetariana? E, se esiste questa riluttanza, secondo Lei è da attribuirsi maggiormente all’effetto di stereotipi negativi sui vegetariani o alla paura di incorrere in deficit nutrizionali?
R- Non capisco perché insistiate solo sul cancro. Sono ben più forti i rapporti con altre gravi malattie come quelle cardiovascolari e dismetaboliche, malattie gravi perché invalidanti o mortali. Il cancro è quella meno studiata e che forse fa meno danni. La riluttanza è data semplicemente dal fatto che per muoversi in questa direzione bisogna cambiare le proprie abitudini, e che l'informazione a riguardo ha ben ottenuto lo scopo di generare incertezze e possibilismi di cavarsela comunque, qualunque cosa si mangi.

D- Cosa pensa degli studi del professor Loren Cordain sulla paleodieta?
R- No Comment. Mi spiace, non rispondo mai a questo genere di domande.

D- Il consiglio comunale di Gent (Belgio) ha deciso di introdurre una giornata senza carne nella ristorazione pubblica collettiva e nelle scuole e di offrire nelle altre giornate valide alternative vegetariane alla carne. Nelle scuole è stato istituito un programma didattico parallelo sull’argomento e nell’ufficio del Turismo distribuiscono piantine in cui sono segnalati i ristoranti che aderiscono all’iniziativa. In Italia l’idea è stata promossa per la prima volta in Alto Adige alla fine del 2010 da un insieme di 22 associazioni locali. La reazione del pubblico per entrambe queste iniziative è stata positiva. Secondo Lei quest’idea potrebbe essere applicata anche in altre città italiane?
R- Uno studio relativamente recente dimostra come un solo giorno alla settimana di dieta vegan sia maggiormente efficace, in termini di riduzione di effetto serra, di 365 all'anno da locavori. E poi c'è l'aspetto educativo, mostrare alle persone come i cibi animali non siano gli unici ad avere gusto e come sia possibile mangiare in modo splendido con ingredienti esclusivamente vegetali. Sarebbe certamente un buon inizio, ma solo l'inizio di una strada che deve portarci molto più avanti verso l'eliminazione di tutti i cibi animali dalla nostra dieta.

                 VIDEO: Documentario "A Delicate Balance"



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