lunedì 3 dicembre 2012

Effetti sull'ambiente

Nella ricerca "Food, livestock production, energy, climate change, and health" pubblicata sulla rivista scientifica di ambito medico " The Lancet" nel 2007, McMichael AJ, Powles JW, Butler CD, Uauy R. affermano che la produzione industriale di carne è uno dei fattori maggiormente responsabili del riscaldamento globale. Si stima che il contributo alla produzione di gas serra derivante dalla produzione di carne sia all'incirca della stessa entità di quello riconducibile al traffico auto veicolare. La produzione di carne è inoltre associata ad un consumo elevato di acqua. Da non dimenticare l’elevato consumo di grano e altri cereali per l’allevamento di animali, un fattore importante nel rincaro dei prezzi di questi alimenti in un mondo in cui milioni di persone soffrono la fame.
Ecco qui una panoramica sulle attività del ciclo di produzione della carne e degli impatti ecologici.

Attività del ciclo di produzione della carne. 
  • -         Occupazione suolo.
  • -         Coltivazione mangimi.
  • -         Trasporto mangimi.
  • -         Allevamento animali.
  • -         Trasporto animali.
  • -         Uccisione e macellazione animali.
  • -         Imballaggio carne.
  • -         Trasporto carne.
  • -         Distribuzione merce carne.


Gli impatti ecologici che il ciclo di produzione della carne produce sono tanti:
  • -         Emissione di gas serra.
  • -         Occupazione del suolo per produzione di mangimi.
  • -         Deforestazione.
  • -         Utilizzo di fertilizzanti.
  • -         Pesticidi e antibiotici.
  • -         Inquinamento del suolo, acqua di falda, acque dolci e mari.
  • -         Spreco di acqua.
  • -         Sovra-sfruttamento delle risorse naturali.
  • -         Inquinamento atmosferico .
  • -         Selezione delle specie utilizzate che conduce alla perdita della biodiversità    zootecnica.

Il costo reale della carne è un insieme di elementi. I costi associati al ciclo di produzione della carne , i costi associati agli impatti della produzione della carne, i costi pagati dai contribuenti attraverso la P.A.C. ( Politica Agricola Comune Europea), più il costo espresso dal mercato.
Con la popolazione mondiale di 6,8 miliardi , ogni anno vengono uccisi 56 miliardi di animali secondo le statistiche della F.A.O. ( Food and Agricolture Organization). Oltre ai problemi ecologici ed economici, derivati da questo consumo di carne, ne sussiste un altro; entro il 2050 la popolazione mondiale sarà di 9 miliardi e oltre al numero elevato di persone, il consumo di carne dovrebbe crescere del 73% rispetto al 2010. L’impatto sarebbe devastante perché come abbiamo detto prima il costo della carne è la somma di più elementi che consumano le risorse naturali/ primarie del pianeta.
Uno tra i primi danno è l’occupazione del suolo e la sua erosione. L’erosione va controllata perché riduce localmente lo spessore del terreno coltivabile che contiene sostanze organiche come acqua , sali minerali e particelle più fini; nel giro di poche generazione un terreno fertile può essere avvicinato alla desertificazione. Un problema secondario o terziario deriva dalla pericolosità del materiale eroso; spesso è ricco di sostanze chimiche come ad esempio fertilizzanti e insetticidi provenienti dalle pratiche agricole. Queste sostanze tendono a distribuirsi sul terreno e a concentrarsi nei corsi d’acqua producendo inquinamento distribuito sul territorio. I pesticidi utilizzati in agricoltura contribuiscono all’inquinamento del sottosuolo e delle acque sotterranee. Anche se le falde acquifere si trovano sotto strati impermeabili di argilla, molte volte le sostanze inquinanti riescono a raggiungerle, causando un tipo di inquinamento particolarmente grave perché è irreversibile e soprattutto perché queste acque vengono utilizzate dall’uomo per usi domestici.
Lo spreco alimentare ha conseguenze non solo etiche, economiche, sociali ma anche sanitarie e ambientali, dal momento che le enormi quantità di cibo non consumato contribuiscono fortemente al riscaldamento globale e alle carenze idriche.

Per ogni kg di cibo si emettono in media 4,5 chilogrammi di CO2 : ne consegue che le 89 milioni di tonnellate di cibo sprecate in Europa producono 170 milioni di tonnellate di CO2eq l'anno. Oltre alla CO2 in quanto la decomposizione dei rifiuti alimentari produce metano, gas a effetto serra 21 volte più potente del biossido di carbonio.
Oltre alla CO2, enormi quantità d'acqua sono necessarie a produrre il cibo che mangiamo ogni giorno. In particolare, la produzione di carne necessita di una quantità di acqua maggiore rispetto ad altre produzioni vegetali. Per ottenere un chilo di mele sono necessari 820 litri, per un kg di mais 1.220 litri di acqua, per un chilo di riso 2.500 litri, per un chilo di pollo 4.300 litri, per un chilo di maiale 5.990 litri e per un chilo manzo ben 15.500 litri di acqua.
A determinare numeri così elevati sono le 3 componenti dell'utilizzo idrico individuate dal calcolo dell'impronta idrica: l'acqua piovana, l'acqua di falda e l'acqua che torna inquinata all'ambiente.Nel caso della carne, oltre al consumo diretto d'acqua per esempio per dissetare gli animali, bisogna considerare quanta acqua è servita per far crescere soia, foraggio e cereali e per il resto della filiera incluso il problema dello smaltimento dell'enorme quantità di deiezioni prodotte e i fertilizzanti e pesticidi che inquinano fortemente le risorse idriche.
L’equazione universale dell’erosione del suolo ( U.S.L.E.) è E=RKLSCP. E sta per “ quantità di terreno erosa”; R sta per “ fattore di erosività della pioggia”; K per “fattore erodibilità del suolo”:  L per “ fattore lunghezza “; S per “ fattore pendeza “; C per “ fattore coltivazione “; e in fine P che sta per “ fattore pratica colturale e/o antierosiva!”. Il fattore C  è quello ci interessa perché è il fattore definito come rapporto tra quantità annua di terreno eroso, su cui viene effettuata una specifica coltura, e la quantità annua di suolo eroso ( a parità di tutte le altre condizioni ) dallo stesso terreno su cui non viene effettuata alcuna coltura.
L’erosione iene favorita anche dalla deforestazione per creare nuovo terreno da coltivare , inoltre riduce il numero di alberi e di conseguenza la biodiversità.
Secondo i dati del 2006, della F.A.O. e altri dati del 2009 della World Watch Insitute, il ciclo di produzione genera tra il 18% e il 51% delle emissioni globali di CO2, più di quanto imputabile al settore trasporti stimato intorno al 13%.
Nel periodo tra il 1995 e il 2006 il governo U.S.A. ha sussidiato la produzione di mais con 50 miliardi di dollari. Il 42,5% del mais raccolto è utilizzabile per i mangimi, il 32,1% si trasforma in carburante per il trasporto.  La produzione del mais nel 2009 ha raggiunto l’astronomica quantità di 334 milioni di tonnellate. Nell’Unione Europea mais e soia sono i mangimi per eccellenza. Nel 2002 l’U.E. era il più grande importatore di questi due prodotti.
L’uso della carne bovina aumenterà sempre di più, secondo recenti studi ( 62), da 1.5 miliardi a 2.6 miliardi nel periodo tra il 2000 e il 2050. Questo avrà un effetto negativo derivato dal ciclo produttivo della carne; un incremento della coltivazione di mangimi con conseguente riduzione delle zone boschive e/o ampliamento della deforestazione; aumento dell’uso dell’energia con conseguente impatto sul cambiamento climatico; un accrescimento dell’inquinamento derivato dai liquami animali.


Il modello dell’allevamento intensivo è sempre più adottato. Con allevamento intensivo, chiamato anche allevamento industriale, si intende una forma di allevamento che utilizza tecniche industriali e scientifiche per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo e utilizzando il minimo spazio, tipicamente con l’uso di appositi macchinari e farmaci veterinari. Questa concentrazione di animali favorisce le pandemie come ad esempio la Febbre Avviaria, la mucca pazza e la peste suina. Il costo per la prevenzione si aggirano intorno ai 100 milioni di euro per regione al mondo. In Olanda lo Stato spende circa 27 milioni di dollari all’anno per colpa dell’inquinamento e delle malattie provocate dall’allevamento intensivo. Un altro scopo dell’allevamento intensivo è quello di nutrire gli animali con un cibo che costi poco e gli faccia ingrassare, però questo ha delle conseguenze. Nel 2011 in Germania, il governo ha dovuto ordinare la chiusura temporanea di oltre 4.700 allevamenti di suini e pollame a causa di un’elevata contaminazione da diossine fino a 10 volte i limiti consentiti, di carne ed uova distribuii in Olanda e Gran Bretagna. L’avvelenamento sarebbe stato causato dalla miscelazione di oli industriali e vegetali per la preparazione dei mangimi utilizzati dagli allevamenti fatti chiudere.
Il programma di monitoraggio, svolto dal ministero della salute nel 2010, ha rilevato che su 38.116 campioni provenienti da bovini, caprini, suini, equini e volatili in 100 casi sono state riscontrate delle irregolarità. Scomponendo questi 100 casi, 38 sono per sostanze ad effetto anabolizzante e non autorizzate, 62 sono invece per medicinali veterinari e agenti contaminanti.
Rispetto alla biodiversità un  effetto negativo riguarda l'uso di pesticidi e in generale di prodotti chimici per l'agricoltura. 

L'uso dei composti agrochimici ha alterato gli ecosistemi sia relativamente alla fauna che alla flora; le conseguenze più rilevanti sono state: la riduzione della variabilità genetica dei sistemi viventi, i processi di eutrofizzazione delle acque dolci e di quelle marine, l'alterazione chimico-fisica e biologica dei suoli.
Le elevate concimazioni modificano profondamente i cicli degli elementi (del carbonio, dell'azoto, del fosforo, etc.) che costituiscono meccanismi delicati per il mantenimento degli equilibri biologici e chimici in un ecosistema e tra gli ecosistemi della biosfera. L'eccesso di fertilizzanti minerali favorisce una veloce metabolizzazione della sostanza organica presente nel terreno da parte dei batteri. l fenomeno è connesso con le lavorazioni profonde e con le monocolture di cereali che non riescono a ripristinare il contenuto di sostanza organica. In questo modo il terreno viene impoverito di materiale organico. Il materiale organico, che nei metodi di lavorazione agricola meno intensiva rimane sul terreno, viene decomposto dai microorganismi del suolo e convertito in un complesso di composti organici (l'humus ) essenziali per i suoli perché controllano la ritenzione e il movimento dell'acqua e dell'ossigeno contenendo le strutture del suolo stesso.

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